È estate lo so e sembra difficile sentirsi introversi e cupi.
Tutto ci invita ad uscire, ad andare all’aria aperta, a stare stesi sotto le stelle per godere un po’ della frescura. Ma questa cosa non vale per ogni persona.
C’è chi, a prescindere dalle temperature, si sente chiuso rispetto al mondo esterno o si sente solo o incompreso.
C’è chi si fa sopraffare da ciò che accade, andando a sgretolare la parte più profonda di sé, c’è chi si sente attaccato dal mondo esterno, facendo traballare ogni certezza e preferendo la propria stanza ad ogni confronto.
Ma ci sono diversi modi per andare oltre la propria corazza, che è una protezione che spesso costruiamo intorno a noi non solo chiudendoci verso l’esterno, apparentemente per proteggerci, ma anche chiudendoci verso noi stessi.
In quel buio, in quel mutismo, in quell’isolamento cupo dentro di noi come facciamo a conoscerci? Come possiamo liberarci delle nostre catene?
Come possiamo rompere i legami tossici?
Spesso è nella relazione con l’altro che scopriamo chi siamo, mentre isolandoci ci sottraiamo al confronto, fondamentale per la crescita.
Stando in una relazione (di qualsiasi tipo) si ha la possibilità di osservare i propri difetti, i propri limiti, ciò che ci suscitano le varie situazioni, permettendoci di capire come stiamo, cosa ci piace di noi stessi, cosa desideriamo modificare, cosa ci fa star male e perché.
Come? Sembra difficile dare una risposta a questa domanda.
In realtà la parte difficile non è questa, quanto dare poi seguito alla comprensione delle ragioni del nostro malessere.
Ma andiamo per gradi.
Il primo passo è focalizzarci su ciò che sentiamo, nel momento in cui lo sentiamo.
Quante volte capita di sentire un sottofondo di nervosismo e di provarlo a cacciare con un po’ di gelato?
O quante volte proviamo un disagio interiore e lo scarichiamo sugli altri, aggredendoli, nonostante chi ci sta davanti non abbia alcuna responsabilità e non abbia commesso nessuna azione tale da giustificare una nostra reazione (cosa che peraltro non si giustifica in ogni caso)?
In quel momento, fermatevi ed osservate.
Prendete un foglio e segnate ciò che state provando, cercate di comprendere chi o cosa siano l’origine del malessere e ponetevi un’altra domanda: cosa posso fare per fare in modo che questa sensazione non ci sia?
Cosa posso fare per non far accadere ancora una volta la situazione nella quale mi sto trovando e che mi crea disagio?
Una volta data la risposta, poi, sta a noi trovare la forza per cambiare ciò che ci fa star male.
Ma come si arriva a questa capacità di fermarsi ed osservare?
Come uscire dal loop della tristezza e dei momenti down (che a volte sembrano come una coperta di Linus)? Come iniziare un cammino di consapevolezza?
Lo yoga è un ottimo strumento per arrivare a conquistare quel secondo in più, come mi ha detto una volta un amico.
In quella pace e in quello spazio che riusciamo a creare attraverso il silenzio, il respiro, il sentire il nostro corpo, le posizioni diverse che andiamo a fare, le resistenze che di solito mettiamo in atto pian piano si sgretolano, scompaiono.
Ed è proprio in questo luogo sicuro che creiamo con lo yoga che possiamo sperimentare qualcosa che non avremmo mai osato immaginare, imparando ad uscire dalla confort zone nella quale tendiamo a finire anche nel quotidiano.
Per cominciare a metterci in gioco veramente, dopo un adeguato ‘allenamento’, dopo aver respirato e aver riscaldato i nostri muscoli anche con l’ossigeno, potremmo sperimentare, per esempio, la posizione del guerriero o quelle a testa in giù: ci aiuteranno ad essere più flessibili e resistenti, più saldi e morbidi, a ribaltare i punti di vista e a comprendere che siamo capaci di cose inimmaginabili.
Ma c’è una cosa che prima di lasciarvi voglio dire: ricordate che “siamo tutti poesia perché siamo fatti di…versi”.
Lo dice sempre Guido Marangoni, una persona eccezionale che ha saputo trasformare una difficoltà in un’opportunità…
Cosa vuole dire? Che non dobbiamo avere paura di splendere, di mostrare la nostra diversità, di metterci in gioco. Che la luce dentro di noi aspetta solo di venire fuori, che siamo potenti e che le confort zone a volte sono semplici gabbie che ci garantiscono una serenità infelice.
E proprio in questa direzione si muove Yamini con il suo Studio Yam, reduce dal successo del primo Love Waves festival che ha visto un gruppo di persone vivere esperienze profonde attraverso il silenzio, il movimento, il superamento dei propri limiti, la danza, la luce dell’alba e del tramonto.
Giornalista e scrittrice, già inviata de La Vita in Diretta, ha collaborato con diverse testate nazionali.
Come scrittrice ha pubblicato molti saggi inchiesta. È autrice delle prime favole antimafia per bambini. Ambasciatrice del Telefono Rosa, vincitrice di diversi riconoscimenti, da anni porta avanti nelle scuole progetti di prevenzione alle dipendenze e alle mafie. È ideatrice e direttore Artistico del Festival InDipendenze, dal 2018 collabora al WeFree, progetto di prevenzione alle dipendenze della comunità di San Patrignano. Il suo blog è ask4angela.com
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Per maggiori informazioni scrivimi a: info@yamini.it oppure chiamami al: 328 066 58 39